mercoledì 13 febbraio 2008

Risposta a Enzo

Caro Enzo,
come ho avuto modo di dirti in altre occasioni, per me il prius del credere è credere nel senso del tutto. Se c'é un senso del tutto (e può anche non esserci) allora Dio esiste. E, se Dio esiste, può certamente aver avuto un rapporto particolare con Gesù, figlio del falegname (e non dello Spirito Santo come esplicitamente e candidamente afferma Panikkar nel testo ampiamente citato Tra Dio e il cosmo). Allora, noi cristiani possiamo benissimo pensare, sempre secondo Panikkar, che " il Cristo può essere considerato il simbolo – cioè la ricapitolazione o il riassunto - di tutta la realtà (l'Alfa e l'Omega di Theillard de Chardin). Ma anche il Buddha lo è e altri ancora”.

E perché dobbiamo escludere che Dio abbia voluto parlare ai beduini tramite Maometto? (anche se sulla diversità dalla figura di Gesù c’è molto da dire, come ho scritto nel blog).

martedì 12 febbraio 2008

Enzo dice: commento al commento

Caro Mauro,

sapere cosa sia esattamente accaduto non è dato saperlo, è vero, ma rimane il fatto che la mia fede si basa sulla testimonianza di alcuni "privilegiati" che hanno visto ed hanno cercato di trasmettere la loro esperienza (se mai un'esperienza può essere trasmessa). Non posso prescindere da questo. Mi sembra (ma forse interpreto male il tuo pensiero) che per te venga prima la fede nella resurrezione e poi il fatto, l'evento testimoniato. "Se Cristo non fosse risorto, vana sarebbe la nostra fede". Forse, perchè la nostra fede non sia vana, dobbiamo credere nella Resurrezione indipendentemente dalla testimonianza? Io completerei la tua affermazione in questo senso: oggi, come allora, ciascuno di noi può e deve sperimentare, nella fede, ciò che i primi discepoli sperimentarono come evento.
Caro Enzo, domani preciserò il mio pensiero.

Breve risposta al commento di Enzo

Caro Enzo,

le tue osservazioni sono giuste, ma devono necessariamente basarsi sull'assunto che quanto scritto nei vangeli, circa gli eventi post- resurrezione, possano essere presi alla lettera o quasi. Ora se c'è una cosa che mi è chiara, e che ho cercato di spiegare nel blog, è che, mentre quello che ho chiamato "l'orizzonte dei valori" dei vangeli attraversa indenne le pieghe del tempo senza perdere nulla, i fatti storici, in particolare quelli che riferiscono i fatti avvenuti dopo la morte di Gesù, cadono sotto l'alea del dubbio. Certo, qualcosa di sconvolgente deve essere accaduto se , dopo due millenni, ricordiamo ancora la morte di un certo Gesù sulla croce al tempo di Tiberio. Cosa esattamente sia accaduto non è dato saperlo sulla base dei vangeli: quanto è ricostruzione dei primi fedeli?, quanto, alla lettera, possiamo prendere ciò che è scritto? Non lo sappiamo e, probabilmente, nessun studio esegetico potrai mai appurarlo.
Ecco quindi che ciò che dice Panikkar, mi sembra risolutivo per superare ogni esegesi ed ogni dubbio storico. Oggi, come allora, ciascuno di noi può e deve sperimentare, nella fede, ciò che sperimentarono i primi discepoli. Noi possiamo avere un filo diretto, personale, con quell'esperienza. Se così non è, non può bastarmi la lettura dei vangeli, che noi pensiamo e speriamo siano stati ispirati, ma che, certamente, furono fissati da uomini. Come te, come me, come noi, uomini di oggi.

Enzo ha detto 12/02/2008


Caro Mauro,
rimandando per ora una valutazione complessiva su tutto il testo (bello, chiaro e stimolante) mi preme commentare la sezione VI-2: "La fede come fatto personale". Nonostante la mia grande considerazione per Panikkar, che mi ha illuminato su molti aspetti del nostro modo di essere cristiani, non sono d'accordo con lui quando dice:
"L'intero edificio cristiano non può poggiare sulla SOGGETTIVITA' di alcuni discepoli...non ci si può accontentare di avere fede nella fede di altri, fiducia nella testimonianza di alcuni privilegiati..."
L'esperienza del Criso risorto non è stata solo soggettiva, ma anche e soprattutto COLLETTIVA: tutti loro hanno mangiato con Lui, tutti lo hanno visto, e Tommaso non ha avuto bisogno di toccarlo e di mettere la sua mano nel costato per DOVER esclamare Mio Signore e mio Dio: tale ammissione, che scardina e capovolge tutte le categorie culturali e religiose di un ebreo osservante, identificando l'uomo Gesù con Dio stesso, non può che basarsi su un'esperienza sconvolgente ed incredibile, certo personale, ma condivisa nello stesso momento da tutti gli altri. Kung dice che non si tratta di un resuscitamento del corpo, ma dell'assunzione di Gesù in una realtà diversa. Sulla base della testimonianza dei Vangeli si tratta per me di entrambe le cose:le due realtà, quella fisica, del corpo, e quella "diversa", trascendente, indicibile, che a noi non è dato neanche immaginare,sono compenetrate e compresenti nel Cristo Risorto (e forse anche nelle nostre esistenze: lo stesso Panikkar fa notare che "l'eternità è l'altra faccia della temporalità".
12 febbraio 2008 4.18