martedì 12 febbraio 2008

Enzo ha detto 12/02/2008


Caro Mauro,
rimandando per ora una valutazione complessiva su tutto il testo (bello, chiaro e stimolante) mi preme commentare la sezione VI-2: "La fede come fatto personale". Nonostante la mia grande considerazione per Panikkar, che mi ha illuminato su molti aspetti del nostro modo di essere cristiani, non sono d'accordo con lui quando dice:
"L'intero edificio cristiano non può poggiare sulla SOGGETTIVITA' di alcuni discepoli...non ci si può accontentare di avere fede nella fede di altri, fiducia nella testimonianza di alcuni privilegiati..."
L'esperienza del Criso risorto non è stata solo soggettiva, ma anche e soprattutto COLLETTIVA: tutti loro hanno mangiato con Lui, tutti lo hanno visto, e Tommaso non ha avuto bisogno di toccarlo e di mettere la sua mano nel costato per DOVER esclamare Mio Signore e mio Dio: tale ammissione, che scardina e capovolge tutte le categorie culturali e religiose di un ebreo osservante, identificando l'uomo Gesù con Dio stesso, non può che basarsi su un'esperienza sconvolgente ed incredibile, certo personale, ma condivisa nello stesso momento da tutti gli altri. Kung dice che non si tratta di un resuscitamento del corpo, ma dell'assunzione di Gesù in una realtà diversa. Sulla base della testimonianza dei Vangeli si tratta per me di entrambe le cose:le due realtà, quella fisica, del corpo, e quella "diversa", trascendente, indicibile, che a noi non è dato neanche immaginare,sono compenetrate e compresenti nel Cristo Risorto (e forse anche nelle nostre esistenze: lo stesso Panikkar fa notare che "l'eternità è l'altra faccia della temporalità".
12 febbraio 2008 4.18

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