mercoledì 26 dicembre 2007

I misteri della fede



Il percorso sin qui fatto ci permette ora, con quell’animo lieve che dicevo (animo aperto all’insondabile e al mistero ma non alla credulità), di affrontare più da vicino alcuni dei misteri e/o dogmi di cui narrano i vangeli.

1. Nascita verginale?

C’è un motivo comune nelle tradizioni storiche antiche circa la nascita straordinaria di grandi personaggi. Nella tradizione buddista, ad esempio, si narra che Siddharta, il futuro Buddha, nacque nella foresta dal fianco della madre, che stava in piedi, già adulto. Noi, giustamente, pensiamo che sia una leggenda e, ritengo, che anche i buddisti la pensino così. Allora è lecito ipotizzare che anche la nascita di Gesù appartenga allo stesso filone culturale e sia avvolta in una leggenda del tutto simile a quella del Buddha? O pensare questo pone automaticamente al di fuori dei credenti in Gesù?

Che Maria abbia avuto dei fratelli è quasi certo secondo quanto riportato dai vangeli stessi. E Paolo, lapidario, non parla mai della madre di Gesù ma si riferisce a lui come a “nato da donna” (Galati 4,4). Una esauriente analisi di questo punto è riportata da Barbaglio (Giuseppe Barbaglio, Gesù ebreo di Galilea, EDB, 2002). E le conclusioni del suo studio sono le seguenti:

“Dire che Gesù è stato concepito in maniera verginale esula dal campo dell’indagine storica. Fatto storico è solo il seguente: in particolari ambienti protocristiani è nata tale credenza, fatta propria dalle comunità che stanno sullo sfondo dei Vangeli di Matteo e Luca e, più tardi, dall’ala giudeo-cristiana…”

Decisamente più esplicito in proposito Raimon Panikkar (singolare figura di teologo e filosofo cristiano: figlio di madre catalana e padre indiano ha realizzato nella sua fede un singolare sincretismo di culture cristiana e hindù senza mai rinunciare al suo essere cristiano). Nel suo testo già citato (R. Panikkar, Tra Dio e il Cosmo, Laterza, 2006) ecco come affronta la questione della nascita verginale di Gesù (le sottolineature sono mie):

“…prendiamo per esempio la questione della verginità di Maria: essa non dipende da una affermazione di carattere ginecologico. La verginità di Maria riguarda il fatto che, nella cosmovisione dell’epoca, il peccato originale era strettamente legato allo sperma maschile. Per gente che pensava così, e tenuto conto del fatto che Gesù dev’essere esente da quel peccato, era evidente che Maria non poteva aver ricevuto in sé lo sperma di un uomo. Una volta che si ristabiliscono alcune distinzioni, si può conservare la visione fondamentale secondo la quale Gesù è senza peccato senza che si debba passare per l’ipotesi della verginità fisica di Maria.

Se Gesù è figlio del falegname, che ne è dello Spirito Santo? “Generato non creato della stessa sostanza del Padre” è uno dei passaggi fondamentali del “Credo” cattolico. L’affermazione di Panikkar non è trascurabile e, da sottolineare, il teologo non è mai stato sconfessato dal Vaticano!

Che succede allora se Gesù è figlio del falegname e non dello Spirito Santo? Cambia qualcosa nella mia possibilità di “credere”? Personalmente mi sento sollevato e più a mio agio: posso credere che Gesù abbia avuto un rapporto privilegiato col Padre senza per questo dover credere a leggende somiglianti alle favole per bambini.

27/12/2007

martedì 25 dicembre 2007

Franca Pansini ha detto

"Bene sulla responsabilità personale, però l'uomo qualunque, cioè noi, ha bisogno di aiuti per non perdere di vista questo difficile compito di rinviare tutti i comportamenti ad una responsabilità personale. La Chiesa ci ha fornito quell'apparato che tu chiami cascame religioso , è una scenografia scricchiolante che regge poco e che allontana chi vuole anche ragionare. Come si fa? Buon Natale se ci riesci."



Pubblico un commento all'ultimo post. Non conosco l'autrice del commento (che ringrazio per essere entrata in un circolo quanto mai ristretto) e la invito ad avere pazienza. E' vero che ciascuno di noi ha bisogno di aiuti e il mio percorso personale potrebbe essere di aiuto a qualcun altro. Non ho trovato nessuna araba fenice, ma il mio percorso mi ha liberato dalle fobie religiose senza perdere (spero!) un filo di continuità col dirsi cristiano. Ti anticipo che allontanarsi dalla scenografia scricchiolante è più un bene che una perdita e che senz'altro si può ragionare senza perdere la fede (o la speranza della fede).

domenica 23 dicembre 2007

Gli "orizzonti" e la responsabilità personale


Posso concludere questa serie di esempi di “orizzonte di valori”, che si possono trarre dai vangeli, con la risposta data da Gesù a chi gli chiedeva quale fosse il comandamento più grande (Matteo, 22, 37-39):

“Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima”

e su quale fosse il secondo:

“Ama il prossimo tuo come te stesso”

E questi comandamenti, i più grandi, dicono tantissimo e ci interrogano sempre; ma non ci dicono assolutamente nulla sul come comportarci concretamente nella vita; detto altrimenti, l’orizzonte di valori può “formare” la coscienza delle persone ma non dà nessuna soluzione preconfezionata ai problemi concreti che ciascuno deve affrontare nella propria esistenza. Una coscienza formata su questo orizzonte è in grado di scegliere tra il bene e il male e non avrà bisogno di aprire la Bibbia ad ogni pié sospinto nella vana speranza di trovare tra le righe le risposte che sono demandate unicamente alla sua libera coscienza di uomo.
Con questo spirito allora si possono affrontare con animo lieve molte questioni che, a mio avviso, rappresentano più un ostacolo che un aiuto per accedere ad una fede adulta. E’ quello che chiamo il “cascame religioso” intendendo con questo non solo e non tanto le madonne pellegrine (con tutto il rispetto per la madre di Gesù), il culto dei santi etc. quanto le assurde normative, sessuofobe e antistoriche, della chiesa istituzione (sessualità, celibato dei preti, divieto di ordinazione delle donne…..) e i dogmi, della cui utilità ai fini di una fede adulta qualcuno deve ancora dare una seria spiegazione (infallibilità ex cattedra, immacolata concezione, verginità e assunzione in cielo di Maria, etc. etc. ……).

23/12/2007

venerdì 21 dicembre 2007

4. Il discorso della montagna



“Beati i poveri…., beati gli afflitti….., beati i miti….., beati quelli che hanno fame e sete di giustizia……, beati i misericordiosi….., beati i puri di cuore….., beati i pacificatori….., beati quelli che sono perseguitati…… Beati sarete voi, quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e falsamente diranno di voi ogni male per cagion mia. Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Matteo, 5, 3-12)

Essere miti, avere fame e sete di giustizia, essere puri di cuore e pacificatori può trovare tutti d’accordo senza eccezione. Quelle virtù rappresentano quelle che chiamo le beatitudini “in positivo”. Certo, può anche costare perseguire quelle strade ma, in fondo, non c’è nessuna irragionevolezza in esse. Profondamente diverso il discorso sulle beatitudini “in negativo”. Essere poveri, afflitti, perseguitati, oltraggiati, diffamati non sembra proprio un ideale di vita da perseguire. E non lo é. Se così fosse, Hitler e i grandi massacratori della storia sarebbero dei benemeriti per aver creato così tanti afflitti, torturati, massacrati….Il senso profondo di queste beatitudini, io così credo, è quello di una fondamentale scelta di campo da parte di Gesù. Finché ci sarà un solo povero, un solo oppresso, un solo torturato, un solo emarginato e anche un solo veramente “solo”, Gesù sarà con lui.

Se questa, come credo, è la prospettiva giusta di queste beatitudini, allora tutte le dotte disquisizioni sui “poveri” oppure “poveri in spirito” (per non preoccupare troppo i facoltosi che pur facevano parte della chiesa), perdono di significato. Essere ricchi non è antievagenlico, purché il danaro non sia al primo posto nel cuore degli uomini.

21/12/2007

giovedì 20 dicembre 2007

3. Non si può servire Dio e Mammona




Nessuno può servire a due padroni. Perché o amerà l’uno e odierà l’altro,; oppure preferirà il primo e disprezzerà il secondo. Non potete servire Dio e Mammona” (Matteo, 6,24)

Gesù tanto è comprensivo nei confronti della debolezza umana quanto è radicale nelle linee di fondo. Dio e il danaro non sono compatibili. Ma cerchiamo di capire bene cosa intende Gesù. Non credo che la sua sia una condanna della ricchezza in sé (come la “beatitudine” della povertà nel discorso della montagna sia un’esaltazione della povertà da perseguire come fine dell’esistenza). Credo che si riferisca all’atteggiamento di fondo che si ha nei confronti dei beni materiali. Non c’è dubbio che per qualcuno il possesso del danaro viene prima di molte altre cose: E’ proprio questo che non va bene: la stella polare dell’esistenza non può essere il possesso di beni materiali, senza disprezzarli, naturalmente.

Mi metto nei panni di un imprenditore: è necessario che abbia capitali, che li sappia investire, fruttare e produrre ricchezza per sé e per gli altri. Senza perdere però il senso dei valori e saper scegliere all’occorrenza quello che è giusto. E l’uomo deve venire prima dell’accumulo del danaro. Si dice che Adriano Olivetti l’abbia capito e praticato nella sua vita e rimane come un alto esempio nel settore. E vorrei ricordare quel pastaio marchigiano che ha spontaneamente aumentato di 200 euro (netti) al mese la paga alle sue operaie dopo aver sperimentato sulla sua pelle cosa voleva dire vivere con 2000 euro al mese (1000 a sé e 1000 alla moglie; che non è poi proprio l’abisso della fame).

20/12/2007

lunedì 17 dicembre 2007

2. Gesù e l'adultera



In molte occasioni Gesù aveva ribadito detto che non era venuto ad abolire la legge e il Tempio:

“Non dovete pensare che io sia venuto ad abolire la legge di Mosé l’insegnamento dei profeti…nemmeno una virgola sarà cancellata dalla legge di Dio” (Matteo 5,17-18)

Eppure come Gesù concepisse il rispetto della legge nelle situazioni concrete della fragilità umana è riportato nel famoso episodio dell’adultera (Giovanni, 8. 1-11):

“I maestri della legge e i farisei portarono davanti a Gesù una donna sorpresa in adulterio e gli dissero:
- Maestro questa donna è stata sorpresa mentre tradiva suo marito…Mosé ci ha ordinato di lapidare queste donne…tu che ne dici?
Parlavano così permetterlo alla prova e avere pretesti per accusarlo. Ma Gesù guardava in terra e scriveva col dito nella polvere. Quelli però insistevano…allora Gesù alzò la testa e disse:
- Chi tra voi è senza peccato scagli per primo una pietra contro di lei…..udite queste parole se ne andarono uno dopo l’altro. Rimase soltanto Gesù e la donna. Gesù le disse:
- Dove sono andati? Nessuno ti ha condannata?
La donna rispose:
- Nessuno signore.
Gesù disse:
- Neppure io ti condanno. Và e non peccare più.”

Si è molto congetturato su che cosa Gesù scrivesse sulla sabbia mentre i farisei lo mettevano alla prova. Gesù, come Buddha e Socrate, non ha lasciato nulla di scritto. Forse non sapeva nemmeno scrivere, fatto molto diffuso all’epoca e Gesù non possedeva la scienza infusa. Poco importa se scrivesse o tracciasse dei segni, fatto è che stupiva i suoi interlocutori che lo premevano per coglierlo in fallo. La stupenda risposta di Gesù li fa allontanare tutti e solo la donna, rimasta sola con lui, si sente dire che è perdonata e che può andare libera. E però non deve peccare più, ribadendo così che la legge va rispettata.

E se una seconda volta la stessa donna si fosse trovata nelle stesse condizioni Gesù l’avrebbe allora condannata? Non è dato saperlo dalle scritture, ma la riposta è no perché tra il rispetto della legge e la concreta condizione umana con tutte le sue debolezze, quest’ultima è sempre stata privilegiata nel comportamento di Gesù. La legge e il Tempio esistono ma: “il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato”. Questa profonda libertà interiore manifestata da Gesù in tantissime occasioni sarà la ragione principale della sua rovina.

17/12/2007

domenica 16 dicembre 2007

1. La parabola del buon samaritano



E dunque:

“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico quando incontrò i brigati. Gli portarono via tutto, lo presero a bastonate e poi se ne andarono lasciandolo mezzo morto…Passò di là un sacerdote; vide l’uomo ferito, passò dall’altra parte della strada e proseguì. Anche un levita del tempio…lo scansò e proseguì. Invece un uomo della Samaria..gli passò accanto ..ne ebbe compassione…versò olio e vino sulle sue ferite…lo portò in una locanda e fece tutto il possibile per aiutarlo…” A questo punto Gesù domandò: -Secondo te, chi di questi tre si è comportato come prossimo per quell’uomo che aveva incontrato i briganti?”..

Un maestro della legge che “voleva tendere un tranello a Gesù”, gli chiese chi fosse il suo prossimo e Gesù rispose con la nota parabola. La fiction narrativa è un brano di alta letteratura e la scelta dei personaggi magistrale e provocatoria per gli ascoltatori del tempo tra i quali il maestro della legge che voleva indurre Gesù a un passo falso. Il poveretto aggredito è là, sul ciglio della strada, morente e bisognoso di soccorso (potrebbe essere un moderno pedone, o ciclista, travolto da un prepotente SUV guidato da un pirata della strada in conversazione sul suo cellulare). Passano un sacerdote e poi un levita, entrambi uomini di legge quindi, ma non si fermano e tirano oltre. Avevano sicuramente le loro buone ragioni; in particolare chi era dedito ai servizi del tempio non poteva contaminarsi e sicuramente questo ha giocato un ruolo nel loro comportamento. Probabilmente i due personaggi erano in buona fede e, tutto sommato, in pace con la loro coscienza. Poi arriva il samaritano e si comporta come sappiamo.
Ora i samaritani agli occhi dei contemporanei di Gesù erano probabilmente peggio degli extracomunitari agli occhi dei leghisti nostrani ed era proprio con questa provocazione che Gesù voleva trasmettere ai suoi ascoltatori il messaggio imperituro. Per farsi prossimo non è necessario essere dottori del tempio, occorre semplicemente farsi muovere dalla pietà di chi ha bisogno nel momento in cui ha bisogno. In cosa credesse il samaritano, frequentasse o meno il tempio (probabilmente no visto che era samaritano), non aveva nessuna importanza. Il confronto “samaritano- uomini della legge” non poteva essere più provocante per coloro che volevano tendere tranelli a Gesù e tramavano nell’ombra per togliere di mezzo l’ingombrante personaggio che metteva a rischio il Tempio e le consolidate abitudini dei benpensanti.

16/12/2007

domenica 9 dicembre 2007

Orizzonti di valore



Dall’esame complessivo dei vangeli, senza preoccuparsi di stabilire con esattezza quali fatti siano veri o meno e quali parole si possano far risalire con sicurezza allo stesso Gesù, traspare indiscutibilmente un orizzonte di valori perenni, che è poi la sostanza del messaggio col quale siamo chiamati a confrontarci. Si possono fare tantissimi esempi in proposito. Alcuni varranno per tutti e serviranno a chiarire quella che considero la chiave di lettura giusta dei testi sacri: una lettura che “forma” la coscienza delle persone ma che non dà nessuna soluzione confezionata ai problemi concreti che ognuno vive nel corso della propria storia.

“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico quando incontrò i briganti…” (Luca 10,30).

Potrebbe essere un fatto di cronaca come ne sono successi tanti e tanti ancora ne succederanno nel corso della storia. Quante volte una persona ha subito torti, furti rapine, è stato ferito, ucciso? Spesso le cronache riportano tali eventi che poi la storia normalmente nasconde nelle pieghe del tempo (a meno che non si tratti di situazione particolari che, appunto, “passano alla storia”). Dunque un fatto di cronaca di un’aggressione da parte di banditi accaduta non si sa quando e non si da dove si perde nel tempo e non lascia alcuna traccia.

Ma l’insegnamento di Gesù ha sfidato i secoli ed è ancora là per dirci chi sia davvero il nostro prossimo. Eppure quella parabola non racconta un fatto vero: è, appunto , una parabola: una “fiction narrativa” come Barbaglio chiama le parabole (Giuseppe Barbaglio, Gesù ebreo di Galilea, EDB, 2002). Cosa è dunque più pieno di verità per la salvezza dell’uomo un fatto vero di cronaca o la parabola inventata del buon samaritano? La risposta è evidente e serve a capire che non è la veridicità o meno di un racconto a produrre un insegnamento etico imperituro.

9/12/2007

venerdì 7 dicembre 2007

Inizio del cammino


Iniziamo quindi questo cammino, che è stato ed è il mio cammino verso la speranza, cammino che non è arrivato a “certezze definitive” ma è servito e serve a darmi sempre più coscienza profonda di quello in cui certamente non credo e di quello in cui credo o, meglio, di quello in cui spero di credere. Se questo cammino potrà essere di aiuto a qualcun altro ne sarò lieto; in ogni caso mi piace scrivere e scrivere di queste cose è un modo per riflettere meglio su di esse e, se volete, è anche un modo di pregare. Naturalmente l’esposizione di questo cammino, pur seguendo una logica e un piano che ho in mente, conterrà digressioni, ripetizioni, salti in avanti e indietro dato che la forma scelta del blog questo comporta.

Abbiamo già detto che il lavoro esegetico è stato ed e di fondamentale importanza per capire il messaggio che ci è stato tramandato, depurarlo dalle scorie del tempo e trarne insegnamenti validi nel tempo che viviamo. Sorge subito una domanda spontanea: quando si potrà affermare che siamo arrivati ad un “ancoraggio” sicuro dopo aver esplorato con un gran lavoro esegetico tutti i testi disponibili? La risposta è MAI. Se siamo alla ricerca di “certezze”, beh allora non è dalla lettura la più approfondita possibile dei testi sacri che la otterremo. Per quanto importante sia l’esegesi non è da questa che viene la “fede” e quindi la “salvezza”.

Tanto per fare un brevissimo excursus le opinioni su Gesù nel corso della storia sono state e sono tante: ebreo di Galilea, un cinico ellenista, un guaritore itinerante, solo umano, solo divino, etc, etc. Non solo vi sono difformità di opinioni sulla figura di Gesù, ma anche su quello che ha detto e fatto. Alcuni passaggi sono storici, altri reinterpretati dalle prime comunità, altri ancora del tutto inventati. Così Gesù è fondamentalmente un mite, ma scaccia i mercanti dal tempio, predica l'amore ma in altri passi dice che è venuto a portare la spada e a separare il padre dal figlio; non riconosce la sua famiglia se non in chi fa la volontà del padre suo. E si potrebbe continuare all’infinito. In sostanza mi sembra di poter dire che a voler ricavare qualcosa di certo dai vangeli in termini di comportamenti umani corretti ed etici si può arrivare a tutto e all'opposto di tutto. I nazisti portavano scritto “Got mit uns” sulle loro bandiere e l’apartheid è stato giustificato sulla base di brani del vecchio testamento.

E allora saremo sempre costretti a brancolare nel buio? Non v’è certezza di nulla? Come comportarci nel quotidiano e cosa credere veramente?.

No! Non brancoliamo nel buio, ma occorre fare una profonda distinzione tra insegnamenti perenni e fatti storici e non confondere gli uni con gli altri.

7/12/2007

sabato 1 dicembre 2007

Un cammino da fare


Occorre dunque “interpretare” i testi sacri per capire chi sia stato veramente Gesù e cosa veramente ci abbia trasmesso. Con alcune premesse che riguardano le fonti e la tradizione cristiana.

Innanzitutto va sottolineato che i vangeli canonici, a noi tramandati, furono codificati - se non ricordo male - nel concilio di Nicea poco dopo l’editto di Costantino con una Chiesa che era ormai un potere tra i poteri. Certo, i credenti credono e sperano che lo Spirito di Dio abbia soffiato nel cuore e nelle menti dei vescovi allora riuniti, ma resta il fatto, storico questo, che, allora, la “parola” è stata fissata da uomini.

Per quanto riguarda la tradizione cristiana, sin dall’inizio si è assistito al sorgere di interpretazioni diverse sul significato della vita e degli insegnamenti di Gesù. Il primo protomartire venerato dalla chiesa è quel Stefano che, in buona sostanza, fu lapidato per conflitti religiosi (nell’ambito delle dispute sorte all’interno degli ebrei “ellenisti”: vedi Paolo Flores D’Arcais, Gesù E Ratzinger tra storia e teologia , Micromega, 3, 2007). Nei secoli successivi le reciproche accuse di eresia tra gruppi rivali si sono sprecate e, dopo ogni disputa (accompagnate spesso da violenze) una interpretazione “ortodossa” si è affermata relegando le altre ad “eresie”. Sorvolando sui “secoli bui” del cristianesimo, nei quali il solo leggere le scritture era pericoloso, si arriva all’epoca moderna nella quale è iniziato quel lavoro esegetico, tuttora in corso, che ha permesso di fare giustizia di tante credenze e superstizioni che, come incrostazioni della storia, avevano profondamente inquinato o, meglio ancora, nascosto il messaggio autentico della buona novella: “eu-angelion”.

1/12/2007