Molto istruttivo in proposito può essere la lettura del grande teologo Hans Kung Kung (Essere cristiani, Mondadori, 1976), le cui posizioni non proprio ortodosse sono state all’origine dei suoi conflitti con la curia del vaticano (tra l’altro sospensione dall’insegnamento all’università di Tubinga).
Riassumo a modo mio ciò che ho letto più di trenta anni fa e che non ho bisogno di rileggere perchè Kung mi ha offerto una visione razionale della fede che sento ormai acquisita e facente parte della mia personale visione del mondo e della cose della fede.
Dunque i miracoli. Molto probabilmente Gesù ha effettuato guarigioni, in particolare quelle legate a stati mentali (del tipo indemoniati), non differentemente da altri taumaturghi esistiti in ogni epoca. Tuttavia ho una grande difficoltà a pensare ai miracoli come a sospensioni delle leggi della natura. Davvero con pochi pani e pesci sono state sfamate centinaia di persone? Beh, forse il racconto allude al bisogno della condivisione più che a una reale moltiplicazione di materia (non c’è un solo miracolo che riferisca di “creazione di materia”, che so, la ricomparsa di un arto amputato). E così di questo passo nell'interpretazione di tanti altri racconti dei vangeli. E di fronte al miracolo più grande: la resurrezione di Gesù? Paolo dice che se Cristo non è risorto la nostra fede è vana. Hans Kung dice che non si tratta di un “risuscitamento” del corpo ma dell’assunzione di Gesù in una “realtà diversa”. E mi trova fondamentalmente d’accordo. D’altronde che gli stessi vangeli canonici in tema di resurrezione siano alquanto nebulosi è un dato di fatto. Com’è possibile che due discepoli camminino con Lui per qualche ora e non lo riconoscano? E’ una cosa senza senso: è evidente che il risorto, il Cristo, è altro dal Gesù conosciuto in precedenza (e si possono portare altri esempi del genere sempre tratti dai vangeli).
In definitiva una fede vera, per quanto io sento, non può fondarsi sui miracoli (ma non escludo che questi possano avvenire).
04/01/2008
04/01/2008
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