giovedì 17 gennaio 2008

4. Senso del tutto?



Le riflessioni sulle religioni e sui problemi dello “spirito” si accompagnano, nel mio personale percorso caratterizzato da una formazione scientifica, con quelle sulla nascita del cosmo e sul senso del tutto. Cercherò di riassumere a grandi linee ciò che mi affascina e pone interrogativi.

L’atomo di idrogeno è l’elemento più diffuso nell’Universo. E’ l’atomo più semplice, con un nucleo (nel quale si concentra praticamente tutta la massa) formato da un solo protone e un vasto spazio circostante occupato da un solo elettrone. Negli spazi interstellari la concentrazione media dell’idrogeno è di circa un atomo per metro cubo: un vuoto talmente spinto che è inimmaginabile pensare di poterlo riprodurre con qualsiasi macchina. Tuttavia, in altre zone dello spazio, la concentrazione è un pò maggiore e, in tali zone, si possono verificare delle “fluttuazioni” di densità e cioè, statisticamente, si può determinare un arricchimento di idrogeno tale da permettere l’origine di deboli forze in grado di attirare altri atomi dagli spazi circostanti. Se la fluttuazione permane e la concentrazione aumenta si crea un piccolo campo gravitazionale che attira quantità sempre maggiori di atomi dall’esterno. E’ iniziato un processo che può durare milioni e milioni di anni durante i quali il campo gravitazionale della massa gassosa di idrogeno (e altre particelle dello spazio tra cui predominano il carbonio e il silicio) cresce continuamente di intensità attirando a velocità sempre maggiori altri atomi dall’esterno mentre la temperatura e la pressione del nucleo centrale aumentano. Ad un certo istante avviene il miracolo: la temperatura e la pressione sono tali che due atomi di idrogeno fondono in una reazione termonucleare generando elio e sprigionando una immensa quantità di energia secondo la famosa equazione di Einstein: si è accesa una stella che splenderà per un tempo variabile da qualche centinaio di milioni a miliardi di anni a seconda della sua natura. Gli atomi di idrogeno continuano a fondere innalzando ancora la temperatura e permettendo l’innesco di altre reazioni termonucleari che portano alla formazione di altri tipi di atomi. In sostanza tutti gli atomi superiori all’idrogeno, e cioè gli atomi di cui è fatta la Terra e di cui siamo fatti noi, provengono dalle reazioni termonucleari delle stelle.
Siamo tutti figli delle stelle non è solo una bella immagine poetica è piuttosto una stringente verità scientifica. Questo “miracolo” non è avvenuto una volta per tutte all’origine dei tempi (al tempo del Big Bang) ma avviene in continuazione e non è impossibile che mentre sto scrivendo una qualche stella si stia accendendo in qualche remota parte dell’Universo.

Una di queste stelle, il nostro Sole, ha circa sei miliardi di anni e una previsione di vita di circa venti miliardi. Attorno al Sole gira un pianeta, la Terra, di circa quattro miliardi di anni. Nessuna forma di vita era possibile sulla Terra nei primi due miliardi di anni. Poi, secondo le teorie più accreditate supportate da esperimenti condotti in proposito, in un “brodo primordiale” acquoso, contenente ammoniaca e anidride carbonica, le scariche elettriche dell’atmosfera hanno permesso la formazione delle prime catene di amminoacidi e successivamente delle proteine che sono i mattoni della vita organica. La vita si è quindi lentamente sviluppata nell’acqua, si è trasferita poi nella terraferma dando origine a tutte le specie estinte e a quelle attuali. Alle ore 23.59 di questa giornata di quattro miliardi di anni è scoccata un’altra scintilla, più importante della fusione dell’idrogeno, nel cervello di un primate. L’uomo ha mangiato il frutto dell’albero della conoscenza e la coscienza di sé, la coscienza del bene e del male ha cominciato ad abitare il pianeta Terra. Forse non è impossibile, di nuovo, che, mentre sto scrivendo, la coscienza si stia accendendo in qualche parte dell’Universo.

Riflettere su queste cose mi sgomenta e affascina nel contempo con un sentimento forse non diverso da quello del poeta (“…tra questa immensità s’annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mare”). Siamo meno di un soffio nell’immensità spazio-temporale dell’Universo e sorge spontanea la domanda se tutto quanto sopra abbia un senso o sia solamente il frutto del caso. E’ possibile che sia solo frutto del caso: è possibile che non esista un senso del tutto. Ma provo una istintiva ripugnanza di fronte a tale possibilità: io credo o, meglio, spero vivamente che un senso esista. E se c’è un significato nella storia dell’Universo, allora Dio esiste e può esserci un’altra vita. Questo soddisfa il mio intelletto e la fede non confligge con quanto la scienza ci dice o ci dirà nel futuro.

17/01/2008

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